Indennità di accomp. non è reddito
L’indennità di accompagnamento non può essere considerata un «reddito» e, quindi, non pesa sul calcolo dell’Isee, l’indicatore della situazione economica equivalente. Con tre sentenze depositate il 29 febbraio il Consiglio di Stato ha dato ragione alle famiglie che chiedevano una definizione più restrittiva della definizione di «reddito disponibile» che non includesse «la percezione di somme, anche se esenti da imposizione fiscale». Già il Tar del Lazio aveva accolto la richiesta dei cittadini e delle associazioni, ma contro le decisioni del tribunale amministrativo avevano presentato ricorso al Consiglio di Stato la Presidenza del Consiglio, il ministero del Lavoro e il ministero dell’Economia.
Adesso il Consiglio di Stato ha respinto l’appello confermando che le indennità previste per la disabilità non devono essere conteggiate come reddito.
«L’indennità di accompagnamento e tutte le forme risarcitorie – scrive il Consiglio di Stato nelle tre sentenze – servono non a remunerare alcunché, né certo all’accumulo del patrimonio personale, bensì a compensare un’oggettiva ed ontologica situazione di inabilità che provoca in sé e per sé disagi e diminuzione di capacità reddituale». Ecco perché non ha senso, secondo il Consiglio di Stato, che tali aiuti vengano inglobati nel reddito facendo così crescere il valore dell’Isee della famiglia, che rischierebbe quindi di essere esclusa da altri benefici riservati ai nuclei in difficoltà. Nella sentenza si chiarisce che le indennità di accompagnamento «non determinano una migliore situazione economica del disabile rispetto al non disabile».
«Come Governo – ha commentato il ministro del Lavoro e delle politiche sociali Giuliano Poletti – non possiamo che prendere atto della sentenza appena depositata dal Consiglio di Stato e provvederemo ad agire in coerenza con questa decisione».
«È una vittoria di tutte le famiglie italiane con un disabile o un invalido a casa che più volte hanno tentato di far ragionare l’Esecutivo su un tema così delicato», ha scritto su Facebook il presidente di Fratelli d’Italia Giorgia Meloni.
Anche dal Movimento 5 Stelle arrivano le prime dichiarazioni: «Il governo – affermano i parlamentari M5S – esce da questa vicenda doppiamente sconfitto, sia perché aveva deciso di inserire questa misura sia perché, non pago, di fronte allo stop imposto dal Tar aveva deciso di fare ricorso».
«Da parte nostra siamo più che soddisfatti – spiega il presidente dell’associazione nazionale mutilati e invalidi del lavoro, Anmil, che in questi mesi si è adoperata per sensibilizzare i cittadini raccogliendo oltre 100mila firme – e, solo con la pubblicazione della sentenza, possiamo confermare a tutte le persone con disabilità che nella ormai prossima campagna fiscale le provvidenze economiche previste per la disabilità non possono e non devono essere conteggiate nell’Isee».
Fonte: Ilsole24ore.it